La prima riserva marina in Italia, famosa per le immersioni e per le lenticchie!
Il giro delle isole Egadi: Marettimo
Storia e caratteristiche di un’isola selvaggia, lontana dalla terraferma e dalla routine
Cominciamo il giro delle isole Egadi dall’Isola più lontana: Marettimo. Il Porto non offre molte possibilità a barche di una certa dimensione e pescaggio, come Adriatica: approfittiamo dell’ormeggio del traghetto, fra una corsa e l’altra, per sbarcare armi e bagagli, e poi ci ancoriamo un po’ fuori dal porto, sperando nel bel tempo e sperando di non ballare troppo. Marettimo non sarà l’Isola del tesoro, ma certo è un tesoro di Isola, o meglio è l’Isola mediterranea per eccellenza. Il paese è ancora ben conservato e accogliente, con le sue stradine e le sue piazzette senz’auto, i pescatori che vendono il pescato in fondo al molo, i suoi ristoranti e i suoi bar, le sue case (c’è una buona ricettività, oltre alle case da affittare c’è anche un residence paesaggisticamente integrato all’inizio dell’abitato) che ti accolgono con le granite siciliane al caffè o al gelso più buone… del Mediterraneo.
La spada di pesce
Naturalmente ormai la popolazione si contrae e si dilata come la marea, in base alla stagione: sono pochi i residenti che ci abitano tutto l’anno, e durante la buona stagione viceversa arrivano i turisti, e soprattutto gli ex-abitanti, ex-emigrati. Nei primi decenni del secolo scorso Marettimo ha dovuto pagare un prezzo altissimo all’emigrazione: quasi tutti sono andati a Monterey, in California, a fare naturalmente quello che sapevano fare meglio: il pescatore. Inutile dire che la gente di Marettimo è disponibile e aperta: in piazza incontro il signor Alberto che mi racconta che quando era bambino, a scuola, ogni tanto perdeva un compagno. La maestra spiegava che se n’era andato via, era emigrato con la famiglia.
Alberto mi mostra un’opera d’arte a cui è molto affezionato: la spada di un pesce-spada sulla quale un emigrante, durante il viaggio per mare verso l’America, ha dipinto – come in un fumetto o meglio come nei quadri di un cantastorie – le tappe del suo calvario, dall’amata Marettimo a Monterey. Dove recentemente, anche grazie ad un “turista” che di Marettimo si è innamorato (Gianni Pecci) si è tenuta una festa che ha ricollegato l’Isola ai suoi emigrati. Tra l’altro qui a Marettimo un solerte funzionario della Pubblica Istruzione aveva deciso qualche anno fa di chiudere le scuole elementari: a causa del numero esigue dei bambini non “conveniva” tenerle aperte. Per fortuna qualcuno gli ha aperto gli occhi: senza scuola un paese muore, senza contare che devi organizzare traghetti e trasporti per i pochi ragazzi che restano e in prospettiva i costi sociali sono infinitamente pesanti.
Stonehenge mediterranea
Intanto che tu Patrizio chiacchieri e mangi granite io-Syusy ho incontrato Vito Vaccaro: una sorta di gigante rosso di capelli e di barba, la reincarnazione di Federico II, il re Normanno. Lui però per fortuna è Guardia Forestale e soprattutto cultore della storia dell’Isola, che è interessantissima. Mi carica dietro la sua moto fuori strada (l’unico o quasi veicolo a motore in circolazione) e mi porta su per una stradina ripidissima contornata da piante di timo (da cui forse Maret-timo) quasi in cima al Monte Falcone.
A parte il panorama, che naturalmente è meraviglioso, e oltre ai profumi di rosmarino, erica, euforia e mirto, ci sono i resti di un interessantissimo Monastero e soprattutto ci sono tracce di antiche opere idrauliche di epoca romana. Sopra di noi c’è la vetta del Pizzo Falcone, alto quasi 700 metri: la sua massa che ferma l’umidità e la natura carsica delle rocce hanno reso da sempre l’isola ricca di acqua. E Marettimo era considerata sacra, proprio per la sua ricchezza di acqua, che per i navigatori antichi poteva rappresentare la più preziosa delle ricchezze.
Enzo Bevilacqua (esperto della cultura dell’Isola) mi fa notare poi una fila di rocce verticali (una sorta di fila di menhir) che traguardano il mare, orientate verso il sorgere del sole, verso l’equinozio. Mi viene spontaneo immaginare che il Monastero (con la sua chiesetta bizantina recentemente ben restaurata) sia in realtà molto più antico. Queste rocce collocate non casualmente fanno pensare ad un culto arcaico, sono una piccola Stonehenge. E del resto non sarebbe affatto strano: : l’Isola è stata popolata fin dal Neolitico (ci sono tracce) e poi dai primi Popoli del Mare che hanno colonizzato tutto il Mediterraneo, cioè dai Fenici, dagli Elimi e dai Sicani. C’è chi dice anche che Marettimo avrebbe potuto essere la vera Itaca omerica (e in effetti Vito potrebbe essere un perfetto Ulisse): alla fine dell’ottocento è arrivato qui uno scrittore e studioso inglese, Samuel Butler, esperto di Omero, che ha fatto foto e rilevamenti in cerca della reggia di Penelope…
Le grotte del parco
Giovanni Aliotti (detto il Greco: a Marettimo dove ci sono pochissimi cognomi tutti hanno un soprannome) ci porta con la sua barca nelle zone del Parco, dove – per fortuna – è proibito andare da soli con la propria imbarcazione. Effettivamente all’inizio molti marettimani non erano convinti che il Parco, con le sue regole e le sue limitazioni alla navigazione e alla pesca, fosse una fortuna, ma poi è apparso chiaro a (quasi) tutti che preservare la sua natura rappresenta la sopravvivenza anche economica dell’Isola.
E a proposito di natura, quella delle rocce della costa è carsico-dolomitica, il che significa una serie di grotte magnifiche, dove l’acqua si accende in infinite sfumature di azzurro: la Grotta del Cammello, la grotta del Tuono, quella del Presepio e della Bombarda. Il Greco poi ci mostra quella che per motivi linguistico-moralistici non è elencata nelle guide, cioè la Grotta della Ficaredda… Guarda caso è la più bella e ci sono delle alghe rosse che crescono lungo il livello dell’acqua e che segnano una specie di “linea di galleggiamento” della grotta stessa. Ci si può fare accompagnare anche alle spiagge, stando attenti a bagnarsi dove è consentito: Cala Bianca è sabbiosa, le altre (Cala Nera o Punta Troia) sono rocciose o di ciottoli.
Il desco dell’UNESCO
Poi ci pensa Fabio, che ha un Diving, a portare sott’acqua una parte del nostro gruppo, naturalmente nelle zone consentite dal Parco. E comunque le immersioni qui non sono facili, ci sono correnti forti, per cui una guida servirebbe comunque: dicono che le immersioni migliori siano a Punta Bassana o Punta San Simone. Poi pare che a Punta Libeccio ci sia un bel relitto, abbastanza accessibile. Io-Patrizio in genere sott’acqua ci vado, ma in quell’occasione ero impegnato… al ristorante.
Comunque il mio amico Sandro – appassionato sub – ha detto che i fondali di Marettimo meritano assolutamente. Io invece posso confermare che merita anche la cucina: il cibo a Marettimo è strepitoso, almeno quello che ci cucina Nadia, moglie di Vito. Il cibo non è una semplice debolezza del mio carattere: si sa che il cibo è legato all’ambiente, al clima e alle tradizioni e all’economia, quindi è materia di “studio”! E non a caso il menu a Marettimo è a base di pesce (saraghi, scorfani rossi qui detti “cipolle”, sgombri e sardine). Anche la pasta (trenette o linguine) è condita con sugo d’aragostina e il cous cous è condito da capperi, timo, rosmarino, mentuccia e olive… Sì, decisamente la “dieta mediterranea” è una ricchezza immateriale e inestimabile dell’Umanità!
Naturalmente non ci si può limitare a mangiare: siamo turisti-non-qualunquisti. In effetti anche la pesca, come l’agricoltura, sta attraversando un periodo di crisi e di confusione. Qui a Marettimo sono pochi i pescatori locali che riescono a mantenere una attività continuativa e tutto ormai gravita su Trapani, per motivi di economia di scala, e tutto questo penalizza però la pesca artigianale.
Patrizio e Syusy