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Valle Siciliana: un viaggio gastro-turistico all’ombra del Gran Sasso

Storia, natura e sapori della provincia di Teramo, cuore d’Abruzzo

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Silvia Salomoni

Un buon consiglio per uno slow tour gastro-turistico originale in Abruzzo è andare alla scoperta della Valle Siciliana! Voi direte, come siciliana? Che c’entra con l’Abruzzo? Ebbene, non solo c’entra, ma è anche una delle zone più autentiche e intatte, sia dal punto di vista naturalistico che antropologico, di quella che è già la regione più verde d’Europa. “Valle Siciliana” è il nome storico della valle del Mavone, un’area di cinque comuni nella provincia di Teramo (Isola del Gran Sasso, Castelli, Tossicia, Colledara, Castel Castagna), nel versante settentrionale del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, ai piedi del Corno Grande, la cima più alta degli Appennini. Il nome sembra risalire ai Siculi, primi abitanti di queste terre che vi giunsero circa duemila anni fa, probabilmente dal Gargano. Ma c’è anche una storia più affascinante che evoca un errore di trascrizione sedimentato nel tempo della Via Caecilia, una strada che passava nei paraggi per collegare Roma a Giulianova (Castrum Novum). Caeciliana trasformato in Siciliana per sbaglio, insomma.

Il Parco del Gran Sasso è un polmone verde di 150 mila ettari, diviso fra tre regioni, cinque province e 44 comuni. La conformazione geologica delle montagne è diversa da quella che si trova normalmente sugli Appennini, assomiglia di più alle Dolomiti. La biodiversità è incredibile: fra le oltre 5 mila specie vegetali e animali, ci sono ben 231 piante endemiche che esistono solo qui. Ed è un’insostituibile riserva d’acqua. Un territorio talmente particolare che fra le sue unicità annovera persino il laboratorio di ricerca scientifico sotterraneo più grande e importante del mondo, creato dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare proprio sotto al Gran Sasso, approfittando della protezione dalle radiazioni cosmiche che può dare una montagna di 1.400 metri. Facendo base a Teramo, ad esempio al Park Hotel Sporting, confortevole e molto comodo per gli spostamenti, potete dedicare qualche giorno all’esplorazione della valle. Un borgo alla volta, sulle tracce dei prodotti tipici da assaggiare rigorosamente sul posto, e delle specialità gastronomiche che cambiano letteralmente ad ogni parrocchia, con possibilità pressoché infinite di escursioni naturalistiche per tutti i livelli atletici.

Pietracamela

Pietracamela è uno dei borghi più belli d’Italia, antichissimo e arroccato sulla montagna a 1.005 metri di altitudine. Un tempo si chiamava solo Preta, cioè pietra, per via di un roccione incombente che svetta all’ingresso del paese. Forse proprio per la sua forma, si aggiunse successivamente il suffisso un po’ esotico Camelo. Comunque, oggi il cammello è anche nel gonfalone. Arrivando in paese, si incontra subito il monumento ai rocciatori, eretto nel 2023 per il centenario della fondazione degli Aquilotti del Gran Sasso, l’associazione alpinistica più longeva d’Italia.

Fa parte di questo comune anche Prati di Tivo, località turistica a 1.450 metri sul livello del mare famosa per il turismo sportivo durante tutto l’anno. Trekking e arrampicate a parte, un buon consiglio è perdersi fra i vicoletti stretti del paese, dove col naso all’insù potreste notare un gafio (un balcone di origine longobarda) oppure entrare nella chiesa di San Giovanni Battista, che risale al 1432 e conserva un orologio meccanico del ‘700 che funziona ancora con i contrappesi. Un tempo, dai rumori più o meno attutiti dell’orologio, si poteva intuire quanta neve era scesa durante la notte prima ancora di aprire la finestra.

Con una breve escursione fino alle Grotte di Segaturo, si possono vedere anche le pitture rupestri di Guido Montauti, di cui nella sala comunale è esposta l’opera “Il pastore bianco”. Una curiosità: il dialetto locale è una forma di abruzzese arcaico che ha la dignità di una vera e propria lingua. Non esistendo documenti che ne attestano le origini, gli abitanti hanno creato un gruppo su Whatsapp per preservarlo.

Azzinano

Nel Palazzo Marchesale di Tossicia, c’è il Museo delle Genti del Gran Sasso dedicato alle tecniche e alle tradizioni artigiane della Valle Siciliana. C’è anche una parte di arte contemporanea con diversi quadri di Annunziata Scipione (1928-2018), una delle più grandi pittrici e scultrici naïf italiane. È lei a ispirare nella vicina frazione di Azzinano la creazione di un museo a cielo aperto dedicato ai giochi di una volta: dal 2001, ogni anno fra luglio e agosto, i migliori pittori naïf italiani si danno appuntamento in questo borgo ottocentesco per realizzare murales sul tema del gioco, ad oggi ce ne sono 57.

Una passeggiata fra le viuzze di Azzinano è una continua scoperta di colori vivaci, giochi prospettici e illusioni ottiche sui muri delle case. Vale la pena farsi anche raccontare dagli amici della Pro Loco il significato degli antichi giochi raffigurati, che conservano una grande memoria storica.

Già che siete qui, potreste fare incetta dei sacchetti di lavanda locale come souvenir e, nella stagione giusta, ammirarne la fioritura. Imperdibile anche una tappa da El Guirero, un locale a gestione familiare da tre generazioni, dove il proprietario Marco vi aspetta davanti alla fornacella per farvi assaggiare i suoi arrosticini, tutti rigorosamente fatti a mano, sia tradizionali che rivisitati (quelli al tartufo meritano una menzione).

Colledara

A Colledara sono maestri della porchetta! Che si serve calda nel panino e con molte meno spezie di quanto si possa pensare. Il porchettaro, dicono da queste parti, dev’essere anche un po’ psicologo, per capire al volo i gusti delle persone trovando il giusto taglio. Il tutto annaffiato da qualche bicchierino di vino cotto, una sorta di mosto bollito dalla ricetta segreta che cambia di famiglia in famiglia. Un buon momento per venire da queste parti è in agosto, durante la sagra della porchetta, ma anche nel resto dell’anno ci sono occasioni interessanti.

Ad esempio, si può fare un giro per la frazione di Villa Illi, dove con la collaborazione dell’istituto d’arte è stato realizzato un museo di storia a cielo aperto costellato di pannelli in ceramica che raccontano l’Unità d’Italia e il Risorgimento. Oppure si può scegliere una delle tante proposte del gruppo Esperienza Natura, che organizza sia attività di turismo sportivo (trekking, e-bike, MTB, nordic walking, cammini) che esperienze più slow, dedicate al benessere a contatto con la natura (meditazione, forest bathing, yoga). Attività giornaliere o percorsi di più giorni che attraversano anche l’intera catena del Gran Sasso, volendo.

Isola del Gran Sasso

Isola del Gran Sasso si chiama così perché anticamente era un’isola circondata dai fiumi Ruzzo e Mavone. Qui va sicuramente visitato il Santuario di San Gabriele dell’Addolorata, ma ancora più interessante è farsi accompagnare dagli amici dell’Associazione Culturale Tre Porte a vedere i resti dell’antica chiesa romanica di San Giovanni ad Insulam (o San Giovanni al Mavone), eretta fra XI e XIII secolo, ma documentata dal 1184. Del convento che esisteva tutto intorno, resistono oggi solo spezzoni di muri e l’interno è ancora in restauro dopo il terremoto del 2009, ma si possono vedere i frammenti dell’affresco quattrocentesco nell’abside e soprattutto si può scendere nella cripta, così ampia da far supporre che l’edificio esistesse addirittura prima dell’anno 1000.

Vale poi la pena dedicare un po’ di tempo alle degustazioni dei prodotti tipici, tutte produzioni piuttosto eroiche, alle prese con la montagna e il suo clima difficile. Ad esempio, potreste assaggiare l’olio del Frantoio Gran Sasso, a gestione familiare e biologica dal 1949, con il suo retrogusto leggermente amaro e piccante; il miele dell’azienda agricola Virtù d’Abruzzo, prodotto senza stressare le api anche da piante particolari come l’edera; oppure i formaggi dell’Azienda agricola CaGiò, che si sforza di conservare e tramandare l’antica arte casearia, lavorando il latte appena munto e tenendo gli animali liberi al pascolo. Per un assaggio dei piatti della tradizione, segnatevi i ristoranti San Giovanni e la Cantina degli Antichi Mestieri. Imperdibili la “Chitarra con le pallottine”, il sugo tipico teramano con piccolissime polpettine di carne, e i “Maltagliati con le voliche”, degli spinaci selvatici che crescono a 1.800 metri, da raccogliere camminando in lungo e in largo per le montagne prima che le mucche si accorgano che sono spuntati.

Castelli

Anche Castelli figura nella lista dei borghi più belli d’Italia, col suo profilo inconfondibile abbarbicato sulla roccia e cinque secoli di arte della ceramica alle spalle. Qui la ceramica artistica è dappertutto, dalle innumerevoli botteghe artigiane alla segnaletica stradale. La storia vuole che nel 1300 i monaci benedettini insediati a Castelli abbiano insegnato alla popolazione a creare la ceramica mettendo a frutto la grande ricchezza di argilla e di legno. Dal ‘700 poi si sono specializzati nella raffigurazione di paesaggi e scene mitologiche, una caratteristica che rende le ceramiche di Castelli così riconoscibili e diverse dalle altre. Una passeggiata in paese non può prescindere dalla visita di qualche laboratorio, per acquistare preziosi oggetti di artigianato e farsi raccontare la storia di questa arte, ad esempio da Simonetti.

Ma la maestria artigianale è evidente anche nelle produzioni gastronomiche, tanto che i produttori locali hanno pensato di unire sotto un unico marchio tutte le eccellenze prodotte all’ombra del Gran Sasso: l’associazione Made in 2.192 (dai metri del picco più alto). Cercate questo logo sulle confezioni e sarete sicuri di avere tra le mani uno dei prodotti migliori della zona, rispettoso dei metodi di lavorazione e della provenienza delle materie prime. In particolare, cercate e regalate agli amici a casa le splendide scatoline di Frollini del Gran Sasso, dei semplici biscotti al miele e farina di solina che rappresentano fedelmente lo skyline della montagna. Il migliore dei souvenir.

Magari assieme a una bottiglia delle medicinette di Scuppoz Spirits, una distilleria di amari della zona (il laboratorio è a Campovalano) che, studiando le erbe, le radici e le spezie, ha creato una serie di liquori della tradizione, imbottigliati nello stile dei farmaci degli anni ’30. Perché su questi monti, dopo un pasto abbondante, si dice in dialetto “la vuoi la medicina?” per indicare il digestivo. Potete scegliere fra genziana, ratafià, liquirizia, anice e amaro alle erbe; ogni liquore racconta una storia.

Deviazioni lungo la strada

Tre ulteriori consigli, già che vi trovate da queste parti: due in zona e uno un po’ più in là, verso il mare. Un’esperienza molto bella è un pranzo o una cena all’Agriturismo Godere Agricolo a Campli, il cui nome è tutto un programma. Il proprietario, Claudio Ventura, lo metterà subito in chiaro: bisogna prima di tutto godere della campagna, della natura, senza interferire troppo e prendendosi il tempo che ci vuole. Per questo, oltre ad assaggiare i piatti della tradizione cucinati rigorosamente secondo le stagioni, venite per esplorare i dintorni: i campi con l’erba alta in simbiosi con le colture, l’orto per l’autoconsumo e i cespugli di erbe spontanee. Magari portatevi un libro e mettetevi a leggere sotto un albero. Siamo quasi al confine con le Marche, dentro a una cartolina d’altri tempi, con il panorama dei monti gemelli, Monte Fiore e Monte Campli.

Immaginate un territorio dove in poco tempo si può andare dall’alta montagna al mare, rimanendo dentro la stessa provincia! Un percorso del gusto e dei sapori che incoraggia inediti sodalizi come un piatto di spaghetti alle alici e pecorino, il mare e la terra, trabocchi e transumanza. Se dalla Valle Siciliana vi spingete fino ad Alba Adriatica, potete constatare la bontà di questo esperimento al ristorante Il Palmizio di Valerio Di Mattia (presidente dell’associazione dei ristoratori abruzzesi e ambasciatore del gusto), dove vale la pena assaggiare anche la versione locale del Brodetto, una via di mezzo fra la ricetta di San Benedetto del Tronto e quella di Giulianova.

Lungo la strada per il mare, fate una sosta anche a Canzano, alla Tenuta Cerulli Spinozzi, per un calice di vino DOCG delle Colline Teramane. Una produzione biologica e sostenibile che valorizza le uve indigene: Montepulciano, Trebbiano, Pecorino. Il vino – ci dicono – è poesia imbottigliata: l’attimo in cui il grappolo viene staccato dalla pianta è il momento di massima qualità. Questo bisogna trovare nel calice.

#AbruzzoFoodExperience è un evento organizzato da Abruzzo Travelling

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