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Bologna, la mia città

Un itinerario insolito dal centro storico ai colli bolognesi

di Syusy Blady

Oggi vi voglio parlare di Bologna, la mia città. Io sono nata a Bologna, cresciuta a Bologna, gli studi superiori li ho fatti a Bologna, ho fatto anche l’Università a Bologna. E poi negli anni, tante altre attività. Veramente Bologna è la mia città, anche se io ho conosciuto una Bologna diversa da quella di adesso… La mia era quella degli anni ’70, con le rivolte studentesche, e poi quella degli anni ‘80, con la creatività al potere: dal Gran Pavese al DAMS e il teatro di strada, dal demenziale al rock emiliano. Poi sono andata un po’ in giro per il mondo e a quel punto Bologna è diventata un riferimento, un baluardo, un posto dove tornare a casa. Un posto dove allevare mia figlia. Come forse saprete, i tentativi di stabilirmi in qualche altra città sono falliti miseramente. Che ci volete fare, come dice la mia astrologa: “dove vuoi andare tu che hai la luna in cancro?!”. E allora Bologna è sempre una scoperta per me! Vi racconto il mio viaggio sotto casa.

Cominciamo dall’Orto Botanico

Puoi trovarti in una foresta di latifoglie tipiche locali, cioè del nostro Appennino, o in una serra tropicale con orchidee, piante di caffè, palme, spezie e erbe medicinali… Puoi trovarti nell’Orto dei Semplici, dove vengono coltivate le aromatiche e ogni tipo possibile e immaginabile di peperoncino… Oppure in un laghetto che riproduce le zone umide, o ancora nella serra delle piante grasse, con circa 5.000 esemplari di piante succulente dal Centro e Sud America, Africa, Madagascar e Isole Canarie, assieme a piante carnivore… Dove siamo? All’Orto Botanico di Bologna che nasce nel 1568 per volere del botanico e naturalista bolognese Ulisse Aldrovandi, il padre della moderna storia naturale. Ho a casa un volume pesantissimo con tutte le descrizioni delle piante che lui stesso illustrò con disegni accuratissimi, perché Ulisse era anche disegnatore di migliaia di bellissimi acquerelli di piante, animali, minerali e mostri con cui animava i suoi volumi.

Aldrovandi era un personaggio eclettico, i cui interessi spaziavano dallo studio delle piante e degli animali alla medicina, dalla logica alla filosofia. Insegnò e operò all’Ateneo dell’Università di Bologna e questo Orto Botanico, che accoglie più di 1200 specie diverse di piante e alberi, è la sua creatura vivente. Quello di Bologna è il quarto orto botanico in Italia per data di fondazione dopo Pisa, Padova e Firenze, che a loro volta rappresentano i primi orti realizzati in Europa. Purtroppo agli inizi del Novecento il giardino venne abbandonato, poi recuperato e riorganizzato come lo troviamo ora. Insomma, ho fatto un bel viaggio in una Bologna verde, un’oasi! A ben ricordare, una volta c’ero già venuta, ma non avevo visitato tutto… C’ero stata per incontrare Giorgio Celli, l’etologo che ha lavorato tantissimo per trovare alternative alla chimica in agricoltura. Un altro grande personaggio di Bologna al quale andrebbe dedicato lo stesso Orto Botanico o una piazza!

Il palazzo che non c’è: palazzo Bentivoglio

Sono in Piazza Verdi, famosa per il suo “degrado”, frutto della strana accozzaglia di studenti che si ritrovano alla sera, signore che vanno alle prime del Teatro Comunale, extracomunitari che hanno aperto take away di kebab e altri cibi etnici di ogni provenienza e profumo, anche qualche spacciatore, non si capisce come, lasciato quasi indisturbato lì all’angolo… Piazza Verdi, teatro degli scontri del ’77 tra studenti e polizia dopo l’uccisione dello studente di medicina Francesco Lorusso. Piazza Verdi, dove c’è l’oratorio di Santa Cecilia, da visitare assolutamente, che era una chiesa parrocchiale fino alla soppressione avvenuta nel 1800 durante il dominio napoleonico e l’Università più antica del mondo. Ma nel 1500 questa era soprattutto la Piazza dei Bentivoglio e in quella che ora è Piazza Verdi c’era il famoso Palazzo Bentivoglio, distrutto dalla furia dei bolognesi dopo la fuga di Giovanni II Bentivoglio nel 1506. Quando dico distrutto, intendo proprio raso al suolo, pietra dopo pietra!

Doveva essere un palazzo bellissimo, un vero gioiello del Rinascimento, forse unico in una Bologna medievale. La facciata principale misurava 30 metri, i fianchi superavano i 140 metri di lunghezza. Al pianterreno erano situati gli appartamenti degli uomini di casa Bentivoglio, al piano superiore quello di Giovanni, riccamente affrescato, e quello ugualmente sfarzoso di Ginevra e delle altre donne di casa. Le sale nobili del palazzo erano riccamente affrescate da noti artisti dell’epoca. Il palazzo ospitava anche guardie e armigeri, senza contare naturalmente le camere per gli ospiti, i magazzini e i depositi di armi. Di fronte c’erano le scuderie che sono rimaste integre e sono diventate oggi un famoso locale. Complessivamente l’edificio aveva 244 stanze e 5 vaste sale, dove i Bentivoglio ricevevano illustri personaggi e amici, davano feste e pranzi sontuosi. Di tutto questo non possiamo vedere più nulla! Solo il Giardino del Guasto, perché tutto ciò che non poteva essere portato via fu accumulato fino a creare una collina che durante i bombardamenti dell’ultima guerra divenne, nelle gallerie, un rifugio. Poi negli anni ‘70 si cercò di farne un giardino.

Il palazzo del Re d’Italia voluto da Napoleone: Villa Aldini

Bologna si capisce andando alla sommità della sua collina. Non ci vuole molto, si può salire seguendo il meraviglioso portico di San Luca che da Porta Saragozza porta al Meloncello e da lì sale verso il Santuario in modo sinuoso attraverso 666 arcate. Oppure andando al Colle dell’Osservanza, da cui si domina la vista della città sottostante! Intanto armatevi di fiato perché non è una salita da nulla, ma quando sarete lì sopra sarete ricompensati. Ci venne anche Napoleone che sembra esclamò: “Ici c’est superbe!” e chiese al suo amico avvocato Antonio Aldini, ministro e plenipotenziario, di costruire qui il grande palazzo del Re d’Italia. Aldini lo fece e il palazzo, in stile neoclassico con una facciata a tempio greco tipo Partenone di Atene, spicca sulla collina. Si vede benissimo anche salendo dalla stazione verso il centro città da via Marconi, non so bene se definirlo una visione superbe o un’incongruenza architettonica, ma noi bolognesi ci siamo affezionati. Devo dire che è anche un po’ inquietante, è di fatto abbandonato…

Qualche anno fa, anche noi Turisti per Caso abbiamo avuto nelle sale inferiori una sede di montaggio per una trasmissione TV, ma incappammo in un dramma: i ladri ci rubarono tutto! Non fu facile recuperare il lavoro. Pasolini poi, da bolognese di nascita e di studi, volle ambientare lì il suo film più terribile: Salò le 120 giornate di Sodoma. Quindi siate cauti nella visita di Villa Aldini, è un luogo particolare! Forse perché venne edificato sul complesso benedettino preesistente detto della Madonna del Monte, acquistato da Aldini in seguito alle soppressioni degli ordini religiosi? La chiesa, di forma circolare, veniva usata come sala di rappresentanza o da pranzo all’interno della villa. Il santuario della Madonna del Monte era il primo santuario mariano della città, risalente al 1443. Poi venne eretta San Luca e forse lo scherno fatto alla Madonna del Monte non è ancora perdonato!

I portici, un abuso reiterato ora patrimonio dell’Umanità!

Per finire qualcosa che tutti conoscono, ma non so se conoscono appieno: i portici di Bologna. 40 chilometri di portici, i più lunghi d’Italia e del mondo! Ma perché Bologna ha i portici? Ci sono diverse ragioni: sicuramente offrivano riparo dalle intemperie e dal sole, permettendo di percorrere le strade in qualsiasi condizione atmosferica, ma in realtà nascono come dei veri e propri abusi edilizi! Furono il mezzo per l’espansione di attività commerciali e artigiane, rendevano meglio abitabili i pianterreni, isolandoli dalla sporcizia e dai liquami delle strade. Non so se è vero, ma si dice che furono anche un modo per allargare le abitazioni andando a ricavare dello spazio in più, quello sopra al portico appunto, per alloggiare la gran massa di studenti che richiamò in città la nascente Università.

Non potete non andare a cercare in città i portici originari, quelli in legno che, tra gli altri, trovate davanti a Palazzo della Mercanzia e in Strada Maggiore, dove potete anche divertirvi a cercare le tre frecce infisse nelle travi del portico. Sembra risalgano al periodo medievale, a me piace pensarle infisse una notte, per scherzo, da dei giovani arcieri che si divertivano a colpire così in alto in una sfida goliardica! Chissà qual è la vera storia?! Fatto sta che i portici sono casa mia. Si dice che a Bologna si può uscire senza ombrello quando piove, non è proprio così perché a un certo punto, quando c’è da attraversare la strada, il portico s’interrompe e beh, lì piove, piove di sicuro… Ma tutta la città racchiusa una volta dalle mura, che ancora in certi tratti si vedono, contornata dai viali e segnata dalle sue 12 porte di accesso che corrispondono ad altrettante strade, è un intestino caldo e rassicurante, che rischia a volte di essere un po’ intasato, ma che ti avvolge, ti delimita… Che, insomma, fa tanto casa!

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