L'isola più sud-est d'Italia
Elba, l’isola degli Argonauti
La leggenda è vera, questo posto è un vero “Vello d’oro”
L’Elba è un posto meraviglioso innanzitutto per la sua diversità: non ha le dimensioni di una Regione, in fondo è semplicemente un’isola, ma in realtà è una… Nazione. Innanzitutto da un punto di vista politico, coi vari Comuni che si sentono diversissimi tra loro (vuoi per le tradizioni vuoi per la diversa collocazione geografica) pur sentendosi un unicum.
Questo vale a maggior ragione per il luogo in cui sono stata ultimamente: Capoliveri. Sta al centro dell’Isola, a circa 700 m d’altezza. Il nome deriva da Castrum Liberi: i Romani lo chiamarono così per definire un luogo abitato da gente mai resa schiava o assoggettata ad alcuno. E’ il Comune che si trova nel luogo delle Miniere Elbane. Miniere che sono state chiuse solo recentemente, negli anni ’80, e dalle quali ancora si potrebbe estrarre rame e ferro in quantità, se non fosse ormai più economico farlo arrivare dal Sudamerica. Fino a poco più di 20 anni fa quindi a Capoliveri c’erano i minatori, e ancora desso i figli o i nipoti di questi minatori celebrano con feste e riti strani il passato dei loro nonni.
Adesso però a Capoliveri ci sono soprattutto… i turisti, anche se l’orgoglio paesano resta del tutto integro, e non è minimamente contaminato. A Capoliveri resta il Museo mineralogico, ed effettivamente le miniere, ora chiuse, sono diventate un vero e proprio Parco tematico Minerario, che si può visitare percorrendo una strada bellissima che costeggia tutta la montagna e offre una visone panoramica dell’Elba.
In questa occasione ho conosciuto Gino Brambilla, autodidatta ottantaquattrenne originario di Varese, appassionato di Etruschi e della loro abilità nella lavorazione del ferro. Facendo una sorta di archeologia sperimentale, Gino è riuscito a trovare la tecnica con la quale gli Etruschi fondevano il ferro, a verificare la quantità di minerale nobile che riuscivano ad estrarre dalle miniere, e ad individuare due barche affondate nel luogo in cui il ferro veniva portato per essere selezionato e poi trasferito sulla terraferma.
Il suo entusiasmo è contagioso: ci ha portato a Poggio Alto, dove ha organizzato un suo piccolo Museo con dimostrazione del forno di fusione. E poi, a Secca Bianca, si è vestito per noi da Fonditore Etrusco, ed era un meraviglioso misto fra uno Gnomo dei Fratelli Grimm e una figura tipica dell’iconografia dei vasi etruschi. Con lui mi si è materializzata davanti la figura dell’Artigiano Sapiente, vestito di cuoio, con gli zoccoli e il tipico cappello a cono in testa.
E a quel punto mi ha spiegato che quella dove mi trovavo, e la ghiaia bianca screziata di nero che calpestavo, era la spiaggia degli Argonauti, dove Giasone e i suoi avevano appunto sporcato del loro sudore i ciottoli bianchi. Questa è una leggenda, ma corrisponde ad una mezza verità: i cercatori di metalli (come tutti i Popoli Navigatori), arrivando sull’Isola che i Greci chiamavano “il posto dei Fuochi”, avevano trovato una riserva di metalli unica nel Mediterraneo, se non in Europa: un vero Vello d’Oro!