Uno dei tesori dell'arte italiana, dipinta da Giotto nel XIV secolo
Rimini vista attraverso l’occhio di Fellini
Uno Slow Tour che scopre una città diversa da come siamo abituati a conoscerla
Una città la si può visitare in tanti modo, seguendo tanti itinerari. Un filo conduttore per conoscere un luogo può essere anche un personaggio, la sua biografia, le sue tracce. Non è certo un’idea nuova, è stata sperimentata tante volte, dalla Londra di Jack lo Squartatore alla Lisbona di Antonio Tabucchi, dalla Barcellona di Manuel Vasquez Montalban alla Ragusa di Montalbano. Io ho girato per la Rimini di Federico Fellini. E vi assicuro che è stata un’esperienza molto interessante.
Prima di tutto perché è stato un pretesto per conoscere meglio aspetti poco conosciuti di una città super-turistica di cui si pretende viceversa di conoscere tutto. Poi, seguendo le tracce di Fellini, si scopre il Centro Storico della città, una parte spesso trascurata a favore del Lungomare, dei Bagni e degli Alberghi. Invece la Rimini di Fellini – non foss’altro per motivi storici – non ha nulla a che vedere con la sua immagine di Divertimentificio. Rimini è – anche – una città “vera”, dove ci stanno i Riminesi! Niente a che vedere con le zone balneari, popolate da turisti, che fuori stagione mettono anche un po’ di inquietudine, quando sulle piadine prevalgono le insalate… russe.
Dopodiché la Rimini di Fellini è anche un luogo onirico e irreale, un luogo dell’immaginario. Seguendo le tracce biografiche del Fellini, si incontra anche una città-che-non-c’è, una dimensione “cinematografica” che in parte esiste e in parte è stata ricostruita e re-immaginata da lui.
Per Fellini, Rimini è il luogo della memoria, di una sua dimensione personale passata, di un se stesso che non c’è più e con cui non vorrebbe più confrontarsi, eppure lo porta dentro, come porta dentro per sempre la città stessa. Un rapporto psico-sado-maso molto interessante! E non bisogna avere il genio di Fellini per riconoscersi almeno un poco in questo rapporto con i luoghi della propria infanzia. Io – che sono “fuggito” dalla mia bella Patria di Provincia (Mantova) a 18 anni – credo di capirlo benissimo. Quindi la doverosa premessa è che tracciare un itinerario felliniano proprio a Rimini è una cosa molto sottile e complessa: Fellini a Rimini ci è nato e vissuto fino ai suoi 19 anni, cioè tutta l’infanzia e la giovinezza, poi se n’è andato. Questa città ha rappresentato per lui l’oggetto della sua creatività, ispirandolo in tutti i sensi. Nonostante questo, però, Fellini non ha mai girato a Rimini neanche un metro di pellicola. Si è ispirato sì a Rimini, ma in maniera estremamente libera e fantasiosa…
Borgo San Giuliano
L’itinerario felliniano a Rimini diventa interessante proprio perché si possono vedere delle cose vere che hanno dato adito a prodotti di totale fantasia, al contrario di quello che capita di fare quando, ad esempio, si va a Disneyland o in luoghi simili, dove vedi luoghi assolutamente finti, ma ricostruiti come se fossero squisitamente veri. Potrei consigliare di partire dal Borgo San Giuliano. Io ho cominciato proprio da qui, in particolare dalla piazza della chiesa di San Giuliano, perché rappresenta l’identità della città. San Giuliano è un Borgo al di là del canale, anzi è “il Borgo” per antonomasia, dal punto di vista dei Riminesi. E’ (era) abitato da pescatori, lavoratori, artigiani e operai. Qui viveva gente povera che ha sempre avuto, però, una fortissima identità. Chi abita qui si fregia del titolo esclusivo di “borghigiano”. Il Borgo ha sempre rappresentato il senso di ribellione, solidarietà e – appunto – l’identità di Rimini. Tra l’altro, è il luogo che attualmente celebra di più Fellini, perché ospita una serie di murales ispirati ai suoi film.
Io nel mio itinerario felliniano ho avuto due guide letteralmente straordinarie: Beppe Ricci, che era archivista della Fondazione Fellini, e Paolo Fabbri, già direttore della Fondazione stessa (che purtroppo temo non sia più attiva e anzi sia in liquidazione). In loro compagnia, frequentando appunto la Fondazione, ho “ripassato” dei filmati in cui Fellini parla della provincia riminese raccontando cose che, secondo me, sono valide per tutta la provincia italiana. Fellini, infatti, dice che chi è nato in provincia si sente un po’ depauperato, costretto in un ruolo molto marginale, compresso. Ma sarebbe proprio questa compressione a stimolare la fantasia… Ecco allora che il provinciale, l’intellettuale nato in provincia, diventa molto creativo e quando va nella metropoli – come nel caso di Fellini a Roma – riesce a far esplodere questa sua potenzialità. Una lezione fondamentale, perché non riguarda solo la creatività, ma anche l’economia: la provincia è da sempre l’energia del nostro paese e da questo punto di vista il parere di Fellini è estremamente interessante.
Dal ponte di Tiberio al cinema Fulgor
Dopo il Borgo ho poi attraversato il Ponte di Tiberio, reperto storico della città, un grande ponte di pietra d’Istria. E’ detto di Tiberio, ma in realtà è stato cominciato da Augusto e solo terminato da Tiberio. La cosa importante è che segna l’inizio della via Emilia.
Si passa quindi davanti alla Chiesa dei Servi, raccontata da Fellini nei suoi ricordi d’infanzia. Una chiesa freddissima, buia, che faceva paura ai ragazzi… Memorabile l’episodio in cui Bedassi – detto “quel patacca di Tarzan” – per scommessa avrebbe detto: “Se mi date 10 lire, un chilo di lupini e due salsicce io mi nascondo nella chiesa e ci passo la notte”. Pare che il sacrestano la mattina abbia sentito un raglio venire dal confessionale: si trattava di Bedassi, che si era addormentato e russava! Svegliato all’improvviso avrebbe detto: “Ma’, el cafelat!” Mamma il caffelatte, perché durante la notte aveva dormito tranquillamente, non aveva fatto una piega e credeva di essere a casa sua.
Poco più avanti, lungo Corso Augusto, c’è il Cinema Fulgor, che quando l’ho visto io era in ristrutturazione, ma comunque è un luogo importante di pellegrinaggio: qui Fellini dice d’aver visto il suo primo film, sulle ginocchia del suo babbo. Era “Maciste all’Inferno”. Lo cita in Roma. E qui avrebbe cercato di farsi la Gradisca (lo racconta in Amarcord).
Da piazza Sigismondo a piazza Cavour
Dopodiché siamo arrivati nella piazza di Castel Sismondo. In realtà dovrebbe chiamarsi Sigismondo, perché è stato costruito da Sigismondo Pandolfo Malatesta a metà del ‘400. Anche questo è un luogo molto felliniano. A parte il fatto che merita una visita perché è sede di una fondazione, Fellini lo ha inserito nel suo film sui clown: c’è una scena in cui proprio davanti al piazzale del castello viene montato il circo! Si tratta di un momento importante della vita del regista, che avrebbe deciso di lavorare nel mondo dello spettacolo proprio perché innamorato del circo. Poi ho proseguito verso Piazza Cavour. È una delle piazze più importanti e più belle di Rimini, la piazza del comune, dei palazzi, delle grandi statue. Fellini ne ha parlato e l’ha rappresentata in moltissimi dei suoi film. L’ha ricostruita a Cinecittà: io ricordo soprattutto la scena del pavone sulla fontana, sotto la neve, in Amarcord. A un turista che ci passa oggi, consiglierei comunque di aguzzare lo sguardo: la tabaccaia e l’avvocato di Fellini non ci sono più, ma i tipi umani e la comunicativa dei romagnoli, la loro capacità di interpretare delle tipologie e dei personaggi è assolutamente intatta. Si può dire che Fellini ha fatto – antropologicamente parlando – copia dal vero e il contatto con i romagnoli è rimasto per lui sempre molto forte. Si può anche dire che la tappa più significativa dell’itinerario felliniano a Rimini siano i Riminesi stessi!
Vittoria lato B e Grand Hotel
Poi non si può non andare in Piazza Ferrari, dove c’è il monumento dedicato ai caduti riminesi della Grande Guerra. E’ un monumento realizzato negli anni ’20 e inaugurato da Re Vittorio Emanuele III. E’ un luogo incredibile, perché in realtà – duole dirlo, con tutto il rispetto per i caduti – il dato saliente di questo monumento è che si vede il fondoschiena di una donna. E’ un enorme culo, là in alto, e Fellini lo cita in Amarcord. La singolarità è che mentre per altre cose la ricostruzione cinematografica di Fellini è stata molto libera, il sedere del monumento di Piazza Ferrari è proprio identico! Ha aggiunto, credo, solo un paio d’ali sulla schiena. Questo è il luogo in cui il Fellini adolescente andava a esercitarsi nelle sue prime manovre di carattere sessual-solipsistico… Rimini è anche questo. L’ironia, l’iperbole, il grottesco.
Davanti alla Cappella dei Paolotti (anche questa ricostruita in Studio a Cinecittà) Fellini ha ambientato alcune scene memorabili, e narrato episodi “storici”. L’episodio è quello di Sant’Antonio, sfidato da un miscredente: “Se tu farai in modo che la mia mula preferisca la tua Ostia consacrata a della buona biada, io crederò!”. Allora chiude la mula nella stalla senza cibo né acqua per quattro giorni, poi la libera. E fuori dalla stalla la aspettano Sant’Antonio da una parte con l’Ostia e dall’altra l’eretico con la biada: ma la mula preferisce l’Ostia e l’eretico allora diventa credente. Fellini comunque ambienta davanti alla Cappella la scena in cui una serie di contadine e pescivendole salgono in bicicletta, accomodando i loro corposi deretani sulle selle con movimenti sensuali…
Dopo son passato davanti alla sede della Cassa di Risparmio, perchè ai tempi era il Liceo frequentato da Fellini. Un’altra tappa obbligata è ovviamente il Grand Hotel. Io – lo confesso – in occasione di un lavoro son riuscito anche, una volta, a passarci una notte e a farci colazione! Ma come itinerario felliniano anche una passeggiatina nel Giardino e una sbirciata nella Hall sono sufficienti per ricordarsi della visione di questo luogo, simbolo delle trasgressioni dei Vitelloni o dell’Harem del Califfo. Purtroppo viene in mente che è anche il luogo in cui Fellini fu colpito dall’emorragia cerebrale.
Dove abitava Fellini?
Della casa a Palazzo Ripa ho già accennato, la Casa natale sarebbe in Via Dardanelli 10. Dico sarebbe perché da allora è stata cambiata la numerazione, per cui l’identificazione del luogo in cui Fellini è nato, un po’ per caso, dopo che la sua famiglia era arrivata da pochissimo a Rimini, non è certa.
Più interessante invece è andare verso la Stazione, in Via Dante al 9: c’è la sua casa e poi quella della Bianchina, la sua prima fidanzatina, che Fellini – secondo la tradizione – raggiungeva calandosi dalla finestra…
L’ultima casa di Fellini a Rimini è la tomba al Cimitero, con il monumento di Arnaldo Pomodoro. Fellini è qui, con Giulietta Masina e col loro bimbo, Pier Federico, che è vissuto solo pochi giorni. Io però non ci sono stato, era troppo triste finire questo itinerario così.
Patrizio Roversi
Immagine di copertina di Borgo San Giuliano di Flicrk User ZioWoody
Immagine di copertina del Castello di Sismondo di Flickr User Turismo Emilia Romagna