L'ossario decorativo e la Basilica di Santo Stefano
Ritorno alle Canarie
A Tenerife e alle pendici del Teide vent’anni dopo
di Syusy Blady
Ero venuta alle Canarie venni vent’anni fa: sì esattamente vent’anni fa quando Adriatica partì proprio da qui per attraversare l’Atlantico, in occasione del nostro Giro del Mondo di Velistipercaso. Adriatica dalle Canarie prendeva l’aliseo per arrivare in Sudamerica. Vent’anni fa le Canarie erano un po’ diverse da come le ho trovate ora. Tenerife, l’isola che sto visitando in questo momento, mi appare sviluppatissima, piena di ogni ben di Dio: dai Mac Donald ai grandi alberghi e Resort per turisti, dai supermercati Ikea e Decathlon, con uno sfarzo veramente europeo e occidentale! Questo si nota sull’unica strada, o meglio autostrada, a quattro corsie che circonda l’isola con i suoi 100 km. Le altre strade si arrampicano lungo le pendici del vulcano Teide che è, si può dire, l’isola stessa, coi sui quasi 4000 metri. Così la sua costa si presenta con un microclima diverso a seconda della posizione rispetto al vulcano e il clima cambia a seconda dell’altitudine. Ti puoi trovare in una zona arida come quella del sud, dove si trova la cittadina di Aripa, quella più nuova a turistica, o al Nord, per esempio Puerto de la Cruz, più umida e verde.
I “transfughi” italiani alle Canarie
Una cosa che colpisce noi italiani è che se passi sulle strisce pedonali le auto si fermano di colpo per farti passare. sembra scontato, ma qui fa impressione così come la pulizia delle strade e l’obbedienza in genere al codice della strada. Ho la fortuna di avere un’amica, Annarita, che si è trasferita qui e che mi sta ospitando a casa sua, a Puerto, e di potere quindi vivere una vita più vicina a quella che è la vita dei ‘transfughi’ italiani, quelli che si sono trasferiti dall’Italia alle Canarie. Per questo quello che vi racconterò è un’esperienza di viaggio forse un pochino meno turistica è un po’ più personale. Puerto della Cruz, la parte nord dell’isola ha alle spalle il vulcano Teide e davanti il mare. Sono così vicini che spesso il vulcano si copre di nuvole che poi rendono questa parte di pianura che discende verso il mare molto fertile e verde. La cappa umida delle nuvole che avvolgono il vulcano la si vede già dall’aereo arrivando all’aeroporto di Tenerife nord con un volo di 4 ore, più una di fuso orario, direttamente da Bologna. Un po’ brigosi, a questo proposito, i documenti da portare con se uno per l’entrata e il Plf per il rientro in Italia.
Il clima ideale
In ogni caso l’isola ti accoglie con temperature primaverili che sono costanti: un inverno mite e un’estate fresca. Qui il clima lo si può apprezzare – come ha fatto anche il grande naturalista geografo botanico tedesco Alexander Von Humboldt a suo tempo – andando a vedere l’Orto Botanico. Un luogo che ti fa capire quanto una isola come questa sia fertile ed abbia il clima migliore possibile per la coltivazione di tutti i frutti tropicali del mondo. Il Giardino botanico era stato pensato proprio per questo: lo volle nell’ottocento il re di Spagna per adattare i frutti tropicali all’ambiente delle Canarie. È un’esperienza da non perdere, ci sono alberi come la Mammea americana, un ficus che occupa buona parte del giardino solo lei, o come il Drago, chiamato così dai locali, con un tronco che sembra la zampa di un elefante e delle foglie alla cima carnose tanto da farle sembrare l’acconciatura di un punk. Poi arbusti come la Palmera helecho che, come dico sempre, da noi di solito stanno lungo le scale dei condomini per evitare la stagione fredda e che qui diventano veri e proprio alberi che svettano uno accanto all’altro.
La barba del Tiki
Rimarrò qui pochi giorni ma in questi pochi giorni ho voluto ripercorrere alcuni luoghi che avevo già visto quando venni vent’anni fa, in primis il Museo naturale e antropologico di Santa Cruz, dove è possibile seguire la storia dei Guanci, antichi abitatori delle isole. Gente bianca, con i capelli rossi, alti più di un metro e settanta. Berberi arrivati dalla catena dell’Atlante o forse anche nordici, arrivati navigando?! È quello di cui si ha la certezza dopo aver visitato il Museo delle piramidi di Guimar, fondato da Thor Heyerdahl, il grande navigatore che attraversò gli oceani con le imbarcazioni di giunco, il Rha è il Tiki, per dimostrare che con imbarcazioni così, tipiche delle popolazioni egizie e andine, si poteva attraversare l’Atlantico e il Pacifico in tempi antichi. Il Museo, concepito in modo molto ardito, racconta quanto le culture del mondo abbiano la stessa origine arcaica, quanto le piramidi a gradoni siano diffuse ovunque nel globo e raggiungibili via mare. Infatti, all’inizio del percorso museale si parte con una riproduzione della stele che ho visto a Tiahuanaco sulle Ande, il Tiki appunto. Si fa notare come il personaggio rappresentato sia un uomo con la barba – da notare che le popolazione andine ne sono completamente sprovviste – e come la barba sia un simbolo di potere se non di divinità. Insomma, dalla barba del Tiki s’incomincia un percorso che ci porta lontano.
Guimar
Le piramidi sono interessantissime, non possono essere scambiate per un accumulo casuale di pietre vulcaniche, come si disse per screditarne lo scopritore. Sono anzi un complesso cerimoniale con rialzi fatti a gradoni perfettamente orientati. Chi era la popolazione che le costruì? Thor pensa siano navigatori nordici che colonizzarono tutto il mondo. Il fatto che lui sia un norvegese non deve inficiare la sua convinzione! Scherzo naturalmente, tanto che nel tempo me ne sono convinta anche io. Il paese di Guimar comunque è un centro interessante, in stile spagnolo. Nella campagna lì attorno ho conosciuto una famiglia toscana che si è trasferita con i suoi cavalli in una casa circondata da ulivi, ma anche da piante di papaia, avocado e banani. Qui l’acqua non manca, arriva dalle canalizzazioni scavate nel vulcano che spesso, come in questo momento, ha la cima innevata.
Paesaggio potente
Se poi si vuole avere invece idea di quale sport praticare qui, non c’è che l’imbarazzo della scelta; ho visto per strada un itinerario di corsa ad ostacoli organizzata dalla città ma anche deltaplanisti che si lanciano dal Teide. Quello che però trovo più interessante è sicuramente l’attività che pratica Piero, l’amico arciere che mi ha mostrato la sua finca (azienda) in mezzo al bosco di castagni a 550 metri di altezza, dove ha organizzato 28 bersagli con sagome di animali da colpire con l’arco e le frecce. Una esperienza un po’ arcaica da cacciatore pacifista. Continuo il mio giro per l’isola andando al sud, una zona molto più arida e turistica. Affittando una macchina, che qui dopo il Covid sono diventate più care di prima, si possono percorrere le strade che scorrono veloci sulla costa ma che poi s’inerpicano in alto, dove il paesaggio è selvaggio e potente, ma che a volte è avvolto nella nebbia per via delle nuvole basse che circondano il vulcano. Gli abitanti di Tenerife dicono che qui ci sono 30 tipi di climi diversi e penso proprio che sia vero. Quindi rimango qui a sperimentarlo! Nel prossimo numero avrò notizie in più da darvi su queste isole dell’eterna primavera che riservano ancora sorprese.