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I Pizzoccheri della Valtellina
I luoghi, la storia, gli ingredienti e la ricetta!
È proprio vero che le avventure si fanno anche sotto casa, va bene partire alla ricerca dell’Arca dell’Alleanza, ma si può anche venire in Valtellina alla scoperta del Pizzocchero, la pasta tradizionale di queste valli!
Voglio scoprirlo, ma solo dopo un assaggio degli aspetti storici del luogo. Sono a Teglio, dove la torre è il simbolo della città ed è tutto ciò che è rimasto delle grandi mura che la circondavano. Questo luogo dà il nome a tutta la valle: Valle Tellina deriva appunto da Teglio. La cosa che non tutti sanno, però, è che questa valle era nota agli Etruschi e frequentata dai Luni. Quindi Teglio ha una storia antica: negli scavi della Chiesa hanno trovato reperti bizantini, anche se la parte affacciata sulla strada è stata fatta nel XVI secolo, quando c’era ancora l’ordine dei Bianchi. I Bianchi erano un ordine di frati vestiti completamente di bianco, che indossavano tonache e cappucci calati sul viso. Facevano la cosiddetta danza macabra, ancora dipinta sulla parete della chiesa.
Ma io sono qui per i Pizzoccheri, non devo dimenticarli, quindi raggiungo il vecchio mulino ad acqua di San Rocco di Teglio attraverso il bosco con i suoi colori autunnali. Il mulino Menaglio è stato restaurato dalla locale Accademia del Pizzocchero ed è perfettamente funzionante: qui si macina l’ingrediente principale dei Pizzoccheri, il grano saraceno, la cui farina si chiama Furmentùn. Il prezioso grano saraceno, originario dell’Asia, si è diffuso attorno al 1300/1400 nell’Europa del nord est per arrivare in Valtellina tra il 1500 e il 1600. Oggi il grano saraceno è ancora coltivato in alcune regioni del nord Italia, apprezzato per le sue caratteristiche particolari: non avendo glutine è adatto all’alimentazione dei celiaci e ha un sapore veramente unico.
Effettivamente guardando la spiga si nota la differenza con le piante graminacee: il grano saraceno non ha una spiga unica, ma poligonacea (fa una specie di grappolino pendente). Ha avuto meno fortuna del frumento tradizionale perché a parità di aria coltivata rende 10 volte meno, quindi è raro, ma ricco di caratteristiche salutari… Un vero tesoro! Assisto alla macinatura: Andrea, il giovane mugnaio, avvia la macina del mulino che naturalmente si trova vicino al corso d’acqua. La forza dell’acqua fa girare la ruota, ma non è così facile. – Non c’è un pulsante on/off per farlo funzionare – mi dice, ma è con questo che si fa il pane quotidiano. Dice il proverbio “chi va al mulino s’infarina”, il significato evoca altre cose, ma è proprio vero: esco di lì completamente ricoperta di farina, una farina dalla consistenza impalpabile che si diffonde nell’aria!
Adesso abbiamo la farina e possiamo mangiare i Pizzoccheri! Prima di mangiarli, però, bisogna farli. Rosa, che di cognome fa Rosalba, è una cuoca di Teglio e mi insegnerà a fare i Pizzoccheri. Di seguito la ricetta.
Ingredienti per 4 persone: 400 grammi di farina di grano saraceno, un etto di farina bianca 00 e acqua. Una patata tagliata a pezzi che va messa nell’acqua bollente 5 minuti prima dei Pizzoccheri e deve bollire con loro. Poi la verza che si aggiunge più o meno insieme ai Pizzoccheri, una gran quantità di aglio imbiondito dentro una gran quantità di burro. Abbondante formaggio Casera e, per non farsi mancare niente, anche del grana. Si butta il Pizzocchero nell’acqua bollente, ma attenzione: una volta – mi dice Rosa Rosalba – si tagliavano direttamente sulla pentola perché c’era chi non aveva neppure il tavolo, ma solo il paiolo appeso al camino! Così non avevano bisogno di una lavorazione elaborata. Scolati i Pizzoccheri con le patate e la verza, si condisce il tutto con formaggio e burro fuso.
Bastano come primo, secondo e anche come cena, ma valeva la pena vederli fare e mangiarli qui al mulino. Vale il viaggio, w il Pizzocchero!
Syusy Blady